Alla fine degli anni ‘50 il torrente Vajont venne sbarrato da una diga per scopi idroelettrici. Tale impianto non entrò mai ufficialmente in funzione perché, il 9 ottobre 1963, una gigantesca frana colmò parzialmente l’invaso, provocando terribili ondate: i paesi lungo il lago, Longarone ed altri abitati vennero rasi al suolo con un tragico bilancio di quasi 2.000 vittime. La frana del Vajont ha condizionato la progettazione delle grandi opere sul territorio e, più in generale, il rapporto tra uomo e montagna.
• Ubicazione: Monte Toc, Erto e Casso (Pordenone).
• Grado d’interesse: sovranazionale.
• Interesse scientifico: geomorfologia, idrogeologia, geologia stratigrafica, geologia ambientale.
• Accessibilità: la nicchia di distacco e il corpo di frana sono chiaramente visibili dalla strada statale Longarone-Cimolais. Una strada comunale si sviluppa sopra al corpo di frana. Il coronamento della diga è accessibile tramite visite guidate.
DESCRIZIONE
(a cura di Franco Cucchi e Barbara Grillo)
Il torrente Vajont nasce ai piedi del Col Nudo e, ricevute le acque della Val Zemola e della Val Mesaz, confluisce nel Piave nei pressi di Longarone. Nel tratto terminale della sua valle, il torrente ha inciso, nella Formazione del Calcare del Vajont (Giurassico medio), una profonda forra geometricamente favorevole alla realizzazione di una diga.
Nel 1957 la società SADE di Venezia presentò un progetto definitivo e diede il via ai lavori che furono completati nel 1959. La diga, una costruzione a doppio arco alta 264 m, era nel suo genere la più alta del mondo. Il grande serbatoio che si veniva a formare avrebbe raccolto, oltre alle acque del Vajont, i deflussi provenienti da altri serbatoi già realizzati in altre valli del bacino del Piave. Dal 1960 iniziò il collaudo della diga con il riempimento del serbatoio. Già il primo invaso mise in luce l’instabilità delle sponde del lago, soprattutto in sinistra idrografica.
Il 4 novembre 1960 dal Monte Toc si staccò una prima frana; in concomitanza con questo evento, nella parte più elevata del versante, si delineò una lunga frattura a forma di “M” che costituirà il bordo della futura nicchia di distacco della frana del 1963.
La grande frana si verificò durante il terzo invaso, alle 22.39 del 9 ottobre. Una massa di circa 270 milioni di metri cubi di roccia compatta precipitò nel serbatoio provocando il sollevamento di grandi ondate che distrussero sia alcune frazioni di Erto situate lungo le sponde del lago, sia la cittadina di Longarone e altre frazioni nella sottostante Valle del Piave.
Negli anni successivi numerosi studi e ricerche sono stati realizzati per determinare le cause della frana e del disastro. Tra questi, quelli di Müller, Trevisan e Hendron-Patton.
La Valle del Vajont ha subito notevoli trasformazioni legate alla frana del Monte Toc, che ha cambiato profondamente sia l’aspetto morfologico che quello idrogeologico, ostruendo il corso del torrente, che attualmente è deviato in una galleria scavata nel fianco destro della valle.
• Bibliografia essenziale:
- Riva M., Besio M., Masetti D., Roccati F., Sapigni M. & Semenza E., La geologia delle valli del Vajont e Gallina. Ferrara, 1990.
- Scortegagna U., Vajont per non dimenticare: un percorso della memoria nel cuore della frana. In: Agenda CAI 2009. Raccontare la Terra. 2008.
- Selli R., Trevisan L., Carloni G.C., Mazzanti R. & Ciabatti M., La Frana del Vajont. Bologna, 1964.
- Semenza E., La storia del Vajont raccontata dal geologo che ha scoperto la frana. Ferrara, 2001.